Il poker è un gioco fatto di rischi ed oggi sempre più aziende di Wall Street utilizzano proprio il Texas Holdem per allenare i nuovi assunti nell'affrontare le criticità relative agli investimenti da proporre.
Di recente Gunjan Banerji del Wall Street Journal si è seduto al tavolo da gioco con alcuni broker che si occupano di investimenti per capire come il poker può aiutare chi investe in borsa.
Tra i partecipanti alla partita c’erano il direttore associato del Susquehanna International Group Todd Simkin e Jeremy Wien, fondatore della Moo Point Capital Management. Sono loro due che hanno sottolineato, tra probabilità poker ed grafici di borsa, diverse similitudini importanti tra affrontare al meglio i giochi di poker e... scambiare azioni sul mercato!
“Ci sono molte similitudini tra poker e trading”, ha spiegato Simkin al WS Journal al tavolo da gioco. “C’è la differenza tra prendere la decisione giusta e ottenere il risultato giusto. Quindi anche prendendo la decisione giusta a volte si perde, ma altre volte si prende quella sbagliata e si vince. Ed è un qualcosa che succede sia al tavolo da poker che nel trading. Bisogna abituarsi alla varianza dei propri risultati”.
Gestione del rischio e molto altro
Alla Susquehanna l’allenatore di poker è diventato un ruolo integrante degli insegnamenti nella gestione del rischio per i nuovi assunti.
Lo stesso Wien non è certo un novellino del poker, ha vinto poco meno di un milione di dollari in tornei durante una carriera che è iniziata nel 2007. Tra le sue vincite più importanti c’è quella in un evento $5,000 No Limit Hold’em alle World Series of Poker nel 2018, edizione nella quale ha portato a casa ben 537mila dollari.
Ha spiegato che il poker può aiutare chi fa trading a stabilire la sua tolleranza per il rischio e a valutare i diversi aspetti di una scelta prima di farla. Queste lezioni le ha imparate presto, mentre imparava a giocare a poker al college.
“Io ho cominciato dal poker”, ha spiegato, “che mi ha insegnato la pazienza, perchè non ero assolutamente un bambino paziente, mi ha insegnato anche a gestire i rischi”.
I due dirigenti hanno spiegato altro riguardo ciò che pensano dei rischi e delle ricompense che si trovano sia al tavolo da poker che nelle stanze in cui si investe.
I pro intervengono sui cambiamenti nel mondo degli accordi di sponsorizzazione
Sempre a proposito del sinallagma tra rischi e risultati, quando due decenni fa è iniziato il boom del poker, sembrava che qualsiasi giocatore arrivasse a un tavolo finale importante avesse un accordo di sponsorizzazione.
I giocatori non facevano altro che mettersi al tavolo, indossare la patch di un sito di poker online e apparire in spot televisivi e campagne pubblicitarie.
Le cose sono certamente cambiate e ora molti siti di poker cercano giocatori che hanno anche altro da offrire, dal riconoscimento da parte della cultura pop a un largo seguito sui social network o un’audience importante nei loro streaming su Twitch.
Molto più che giocare solo a poker
Di recente alcuni giocatori professionisti hanno detto la loro sull’argomento e hanno offerto un'attenta analisi, chiaramente dall’interno, su questo mondo. Essendo un professionista sponsorizzato da oltre 20 anni, Chris Moneymaker può spiegare in prima persona come sono cambiate le cose.
“Nei primi tempi davano sponsorizzazioni come fossero caramelle”, ha spiegato alla rivista Card Player. “Se vivevi in un paese straniero,, qualcuno ti avrebbe sponsorizzato”.
Il nome di Moneymaker è ancora molto riconosciuto, ma Chris ora è molto coinvolto nelle decisioni di marketing del suo sponsor attuale e appare in tornei di poker in giro per il mondo. Di tanto in tanto trasmette anche in streaming le sue partite online.
Creare una connessione con i giocatori medi
Un altro professionista di lungo corso come Barny Boatman ha affrontato l’argomento degli sponsor dopo aver ottenuto un nuovo contratto quest’anni in seguito alla vittoria del Main Event della tappa di Parigi dell’ European Poker Tour, che, inoltre, gli ha fatto anche incassare 1,4 milioni di dollari.
Secondo lui la fama legata al suo nome, la longevità agonistica e la connessione con i giocatori ricreativi di poker sono le variabili che lo hanno aiutato a ottenere il nuovo accordo.
“Penso di avere i piedi in due scarpe. Ho una buona connessione con chi gioca per divertirsi e per molte cose sono uno di loro, ma cerco anche di giocare a un livello che mi permetta di competere negli eventi più importanti e, perché no, di mantenermi giocando”, ha spiegato al portale PokerStrategy.com. “Sì, in termini di affari avere il pacchetto completo aiuta, ma è proprio a questo che devono pensare loro”.
“Ho sempre avuto l’impressione che non tutti usino i poker solver o frequentino gruppi d’elite che parlano tra loro tra una mano e l’altra. Ho amici con cui discuto del gioco, per migliorare le mie mani poker. Ed è vero che la maggior parte dei giocatori di poker ha una vita e non ha l’ambizione di diventare un professionista d’elite, ma vedere qualcuno che ha successi importanti può decisamente incoraggiare le persone”.