Molti si chiedono quando andare all-in a poker, ma si tratta di una domanda a cui è molto difficile rispondere, poiché ci sono davvero tanti modi di piazzare le proprie fiches nel pot. Nelle prossime righe tratteremo alcuni fondamentali principi generali e daremo uno sguardo a un paio di scenari più specifici.
Prima di iniziare, chiariamo semplicemente alcune regole del poker che delimitano il dibattito sull’all-in.
Sommario
Regole del poker per l’all-in:
Regola #1 – Stake al tavolo – La regola degli stake al tavolo prevede che un giocatore non possa essere costretto a scommettere più di quanto si sia portato al tavolo. È possibile che in passato i giocatori più ricchi si siano più volte fatti beffe dei più poveri scommettendo quantità di denaro talmente sostanziose che nessun altro poteva effettuare un call, neanche a volerlo. Un rifiuto a vedere la puntata veniva equiparato a un fold, consentendo al giocatore abbiente di arricchirsi ancora di più.
Al giorno d’oggi, anche se il nostro avversario va all-in con 1.000$, mentre noi ne abbiamo solo 50 nel nostro stack, ci rimane la possibilità di fare call. Ovviamente potremo ottenere solo 50$ dal nostro avversario, ma questi non sarà più in grado di escluderci dal pot scommettendo una quantità che fisicamente non è possibile vedere per mancanza di fiches.
Regola #2 – Side Pot – I side pot si vengono a creare esclusivamente in scenari multi-way in cui un giocatore va all-in, mentre gli avversari si scontrano per conquistare fiches extra.
Immaginiamo un all-in three-way tra i seguenti giocatori.
Giocatore A - $25 stack
Giocatore B - $100 stack
Giocatore C - $200 stack
Come prima cosa si noti che il giocatore C può sempre e solo investire 100$ su questa mano. Nessuno ha abbastanza fiches per replicare la sua giocata. In un contesto online, questi potrebbe comunque andare all-in con tutti i suoi 200$, ma i 100$ aggiuntivi sono irrilevanti e non influiscono sulla mano.
Il giocatore A investe solo 25$, potendo così vincere solo 25$ dallo stack di ciascuno dei due avversari. Qualsiasi scommessa che superi il valore di questo piatto diverrà parte di un side pot.
Per capire come funziona il tutto, immaginiamo che il giocatore A abbia la miglior mano, il giocatore B la seconda migliore e il giocatore C la peggiore.
Giocatore A – AdAs
Giocatore B – KdKs
Giocatore C – QdQs
Tavolo: Js7d5s2h2c
Se ignoriamo i 100$ extra del giocatore C, la quantità di fiches nel piatto sarà di 225$. Di questa somma, 75$ costituiscono il piatto principale (25$ da ogni giocatore). I rimanenti 150$ (75$ da B e altrettanti da C) faranno parte di un side pot che solo il giocatore B o C potrà aggiudicarsi.
Il giocatore A ha la miglior mano; vince i 75$ del pot principale.
Il giocatore B perde il pot principale contro il giocatore A, ma vince il side pot da 150$ contro il giocatore C.
Il giocatore C non prende niente (a parte i suoi 100$ extra che gli vengono restituiti).
L’all-in nel poker – Quando conviene committare
Ora che abbiamo affrontato le varie regole, passiamo alla strategia. Delineeremo alcune norme generali per andare all-in.
Affrontare un all-in - Per quanto riguarda l’affrontare un all-in del nostro avversario, l’aspetto più importante in assoluto sono i pot-odds. Se non abbiamo confidenza con questi ultimi, possiamo cogliere quest’ottima opportunità per fare qualche ricerca sull’argomento. L’idea di base da tenere a mente è che non abbiamo bisogno di avere le statistiche dalla nostra parte per vedere l’all-in di un nostro avversario.
Ci sono già un po’ di fiches nel piatto, per cui da un punto di vista matematico è giusto vedere un all-in anche se siamo sfavoriti. Se ci sono tante chips nel pot, non è un problema essere nettamente sfavoriti. Se invece ci sono davvero poche fiches, è fondamentale essere soltanto leggermente sfavoriti nel fare call.
Per chi si cimenta nei tornei di poker, il tutto a volte può essere un pochino diverso. È possibile avere le pot-odds su un call, ma quest’ultimo alla fine potrebbe rivelarsi una scelta sbagliata per via delle considerazioni relative all’ICM (Independent Chip Model). Talvolta è più importante preservare il nostro stack sulla base della struttura del torneo. Per chi si cimenta in questi eventi può essere conveniente cercare informazioni sull’ICM per capirne meglio l’impatto sulle decisioni relative al call.
Fare all-in – Per dirla in maniera molto spiccia, nel poker è meglio fare la prima mossa anziché vedere la puntata avversaria. Se siamo i primi a fare all-in, c’è sempre la possibilità che il nostro avversario foldi. Le nostre aspettative dipendono da una combinazione del nostro fold-equity e del nostro pot-equity in caso di call. Non è facile fare questo calcolo, ma a questo proposito possiamo migliorare la nostra efficienza imparando a effettuare calcoli EV (valore atteso) e sfruttando software con alberi di decisione, come ad esempio i Cardrunners-EV.
È particolarmente remunerativo trarre vantaggio dai giocatori che foldano troppo. Un avversario che vede troppi all-in nei primi giri di puntate risulta facilmente vulnerabile, ma sarà in parte protetto dal fatto che avrà sempre la possibilità di realizzare appieno la propria equity.
Per avere un esempio a tal riguardo si possono considerare i 5bet shove preflop con 100 bb di stack effettivi nei cash games. Se il nostro avversario non folda mai dinanzi alle 5bet, potremo normalmente ampliare leggermente il nostro range per andare all-in. In una late position, questo può implicare la possibilità di aggiungere mani deboli come 88 o AJs al nostro range di all-in contro una 4bet 25bb (dipende naturalmente dall’ampiezza del range del 4bet dell’avversario).
Tuttavia, una volta che il nostro avversario inizia palesemente a foldare oltre il 50% delle volte dinanzi alle nostre 5bet, arriviamo velocemente a una fase in cui è giusto effettuare una 5bet con all-in a prescindere dalle carte che ci ritroviamo in mano quando affrontiamo una 4bet. Per cui, in molti casi, possiamo fare un uso più ampio del nostro stack contro qualcuno che folda troppo, rispetto a chi invece effettua troppi call.
Gli all-in nel poker – Importanti variabili da considerare
Ovviamente ci sono molti altri aspetti che vanno al di là della semplice considerazione di chi prende l’iniziativa e di chi fa call. Faremo adesso una lista di alcune delle altre importanti variabili nel decidere se mettere in gioco il nostro stack.
- Gli stack effettivi e gli SPR
- Il tipo di avversario
- L’azione precedente
- La forza relativa della mano
Gli stack effettivi e gli SPR – Il tipo di mano con cui scegliamo di andare all-in sarà fortemente influenzato dagli stack effettivi. Più questi ultimi saranno profondi, più la nostra mano dovrà essere forte affinché possiamo fare all-in.
Con stack effettivi di circa 20-30bb, di norma viene considerato sbagliato foldare con qualsiasi top pair. Se il nostro avversario vuole andare all-in, normalmente è consigliabile procedere con la propria mano. È possibile applicare regole simili anche ad altri tipi di mano. Con una profondità degli stack pari a circa 40-50bb, nella maggior parte dei casi sarà inappropriato foldare con qualsiasi overpair. Con una profondità dello stack inferiore a 100bb, solitamente si rivelerà un errore foldare con un set. La profondità dello stack può così aiutare a formulare delle linee guida generali su quando committare.
Gli SPR (“stack-to-pot ratios”) sono un po’ differenti dalla profondità degli stack. Essi rappresentano il rapporto tra le fiches nel pot e le fiches negli stack effettivi (se ad esempio abbiamo 400$ nel nostro stack e ce ne sono 100 nel piatto, avremo un SPR di 4).
Offrono un punto di riferimento per le decisioni su quando committare, prendendo in considerazione il valore del pot al momento del flop. Potremmo essere in grado di foldare con un TPTK (top-pair-top-kicker) in un piatto in cui ci sia stato un solo rilancio e in cui ci sia un SPR alto (intorno a 15). Tuttavia, potrebbe essere sbagliato foldare con un TPTK in un pot 4bet in cui l’SPR si aggiri sull’1,5, anche se potremmo avere gli stessi stack effettivi in entrambi gli scenari.
Il concetto appena descritto potrebbe essere riformulato così: più saranno le fiches che abbiamo investito prima del flop, meno corretta sarà la scelta di foldare dopo il flop.
Il tipo d’avversario – Non ci conviene prendere decisioni sul commitment esclusivamente sulla base degli SPR e sul tipo di mano che abbiamo. Nel poker è fondamentale la componente umana e tutte le nostre scelte sull’andare o meno all-in dovrebbero essere in stretta relazione con il tipo di avversario che ci ritroviamo ad affrontare.
Se il nostro avversario è particolarmente chiuso e si limita a mettere mano ai propri stack solo se in possesso di carte estremamente solide, dovremo essere molto cauti nel vedere i suoi all-in. Talvolta avremo un certo tipo di mani che, sulla base delle nostre conoscenze sugli SPR, dovrebbero portarci ad andare all-in, ma bisogna anche sapere quando mettere da parte queste nozioni e come prendere la miglior decisione per avere la meglio sull’avversario.
Come menzionato in precedenza, le scelte aggressive in merito agli all-in risultano particolarmente azzeccate se il nostro avversario folda troppo spesso. Anche se questi vede troppo spesso i nostri all-in possiamo approfittare della situazione allargando il range di mani che usiamo come shove di valore. Nell’esempio delle 5bet che abbiamo considerato, non abbiamo potuto espandere significativamente il nostro range di 5bet contro un avversario che non folda.
Questa situazione si è verificata per via del fatto che: a) siamo partiti dal presupposto che il suo range di 4bet fosse ragionevole; b) l’avversario, prima del flop, ha una maggior equity rispetto a quanto avrebbe nei giri di puntate successivi. Allargare il nostro range di value-shoving risulta particolarmente proficuo negli ultimi giri di scommesse, quando il nostro avversario avrà una minor equity residua da realizzare.
Quanto appena detto vale soprattutto sul river, quando il nostro avversario potrebbe essere contento di vedere un ampio range di mani a equity zero contro un all-in (equity zero poiché la peggior mano non può mai migliorare dopo che viene scoperta la carta sul river).
L’azione precedente – Alcuni all-in sono più forti di altri. Ci conviene analizzare al meglio delle nostre possibilità se la mossa del nostro avversario è in linea con le carte che ha in possesso. Ha una mano forte come sembra? La nostra capacità di cogliere questo aspetto migliorerà a man mano che acquisiremo esperienza con i vari trend messi in mostra dai diversi tipi di giocatori.
Ad esempio, una domanda che comunemente si fanno molti giocatori è se sia il caso di foldare con un overpair nei pot 3bet con 100bb di stack effettivi. Questa domanda è così frequente anche perché non è possibile rispondere con un semplice “sì” o “no”. Dipende da una serie di variabili.
Tra le variabili da tenere a mente figurano le dimensioni del raise sul flop da parte del nostro avversario a seguito della nostra puntata sul flop. Da un’analisi dei vari tipi di giocatori emerge un trend per cui i piccoli rilanci sul flop risultano più forti degli all-in sul flop. Molti giocatori forse non se ne rendono conto senza avere una conoscenza del contesto. Dopotutto sembra logico dare per scontato che un rilancio maggiore sia mediamente più forte di un raise più basso.
Potrebbe quindi essere spesso più conveniente vedere il nostro overpair contro un all-in sul flop, a meno che consideriate di fare fold con un overpair prima del river, dopo che il nostro avversario ha adottato la strategia di effettuare un piccolo rilancio sul flop. Ovviamente lo stile GTO offre una risposta alquanto diversa a questo tipo di situazioni. Fondamentalmente, secondo la GTO, non dovremmo mai foldare con un overpair nei pot 3bet con 100bb di stack effettivi. Tuttavia questo è un fattore relativamente insignificante. Dovremmo anzitutto essere interessati a sfruttare al massimo le lacune dei nostri avversari sulla base sulla nostra conoscenza di quello che ogni diverso tipo di strategia rappresenta.
La forza relativa della mano – Può essere problematico seguire alcuni tipi di sistema per il commitment basati sulla forza assoluta della mano. Immaginate ad esempio che abbiamo una regola per l’all-in secondo cui non dobbiamo mai foldare con un set e 100bb di stack effettivi.
Date un’occhiata alla seguente mano:
Tavolo: JhTh9hQc
Mano: 9d9s
È vero che abbiamo un set e può essere vero che giochiamo con meno di 100bb di stack effettivi. Ma dovremmo essere in grado di vedere immediatamente che ci sono alcuni seri problemi con il nostro set alla luce delle carte presenti sul tavolo.
Sebbene la nostra mano sia forte in senso assoluto, risulta estremamente debole in senso relativo. Ci sono diversi scenari differenti in cui il nostro set può essere dominato, e dovremmo poter evitare la maggior parte degli scontri all-in a dispetto della nostra generale riluttanza a foldare con un set e 100bb di stack effettivi.
In altri casi, la nostra mano potrebbe avere una forza assoluta sensibilmente inferiore, ma una forza relativa significativamente superiore (ad esempio nel caso di un TPTK in presenza di una texture “dry”). È essenziale considerare attentamente la forza relativa della propria mano nel decidere se e quando fare all-in.
La strategia sull’all-in nel poker (un riepilogo)
Come abbiamo visto, non ci sono regole ferree e immediate sull’opportunità di committare il nostro stack in una determinata situazione. È necessario soppesare individualmente ogni situazione in base alle variabili rilevanti.
Ecco un breve riepilogo dei punti che abbiamo affrontato:
Motivi per andare più spesso all-in |
Motivi per andare meno spesso all-in |
---|---|
L’SPR è basso |
L’SPR è alto |
Gli stack sono poco profondi |
Gli stack sono profondi |
Una buona forza relativa della mano |
Una scarsa forza relativa della mano |
Possiamo essere i primi a committare |
Dobbiamo committare tramite un call |
Il nostro avversario è aperto (o “loose”) |
Il nostro avversario è chiuso (o “tight”) |
Il nostro avversario vede o folda troppo |
Il nostro avversario si difende bene dalle giocate aggressive |
La strategia del nostro avversario appare debole |
La strategia del nostro avversario appare forte |
Strategia per l’all-in – Domande frequenti
Domanda 1: Cosa significa andare all-in a poker?
Andare “all-in” a poker significa piazzare nel pot tutte le nostre fiches residue. Questo scenario si può verificare in due modi: o facendo noi stessi una scommessa o vedendo una puntata del nostro avversario.
Domanda 2: Come funziona precisamente l’all-in nel poker?
I giocatori non possono mai investire una quantità di soldi superiore a quanto presente nei loro stack. Se il nostro avversario nel testa a testa ha meno fiches di noi e vediamo la sua puntata all-in, a quel punto verremo considerati come se stessimo andando all-in, sebbene tecnicamente ci rimangano ancora delle chips a disposizione.
Domanda 3: Perché andare all-in a poker?
Per due motivi principali. O abbiamo la miglior mano e puntiamo a incrementare le dimensioni del piatto oppure mettiamo in atto un importante bluff nella speranza che il nostro avversario foldi.
Domanda 4: Quando conviene andare all-in a poker?
Quando affrontiamo la giocata all-in di un avversario, l’unica cosa che conta sono le pot odds che abbiamo nel vedere la puntata. Se siamo noi i primi a effettuare questo tipo di giocata, sarà per due motivi: o perché abbiamo una mano forte o perché pensiamo che il nostro avversario tenda a foldare troppo spesso.
Domanda 5: Quando conviene andare all-in in un torneo?
Nei tornei vigono delle regole leggermente differenti rispetto a quelle valide per i cash game. A seconda di come viene strutturato il payout nel torneo potrebbe addirittura essere una buona scelta, in determinati scenari, foldare con AA prima del flop. In linea di massima, minore sarà il nostro stack, più bassa potrà essere la nostra mano per andare all-in.