Trattandosi di un gioco di carte, una delle prime domande che si pongono i neofiti che si ritrovano ad approcciarsi per le prime volte con il poker e le sue diverse varianti non può che riguardare la composizione delle carte stesse, senza le quali nessuna partita potrebbe avere luogo e che tramite il loro flusso svolgono un ruolo determinante nell’esito della mano e in ultima analisi dell’incontro o del torneo di poker.
L’Italia è un paese caratterizzato da una grande ricchezza da molteplici punti di vista: storia, architettura, cultura, cucina, dialetti e chi più ne ha più ne metta. Questa grande varietà a tutto spettro non risparmia neppure le carte, che si differenziano tra di loro da un punto di vista stilistico e dei disegni anche in base all’area geografica di appartenenza. Esse possono essere suddivise perlopiù in quattro categorie: Italia settentrionale (tra cui si annoverano le bergamasche, bolognesi, bresciane, trevisane, triestine e trentine), spagnole (piacentine, napoletane, romagnole, siciliane, sarde e abruzzesi), francesi (genovesi, milanesi, fiorentine e piemontesi) e tedesche (dette anche “salisburghesi”, diffuse perlopiù in Alto Adige), senza contare alcune tipologie ormai cadute in disuso, come le carte romane, nuoresi, udinesi, baresi e viterbesi.
Non è sempre facile districarsi in mezzo a questo panorama estremamente articolato e può così risultare difficoltoso intuire d’immediato quali e quante sono le carte che scandiscono gli incontri di poker. Vista la dimensione internazionale del gioco, il tipo di carte usato non poteva che essere quello più diffuso al mondo: le carte francesi, caratterizzate dai semi cuori, quadri, fiori e picche e il cui mazzo singolo è tradizionalmente composto da 54 carte, ovvero da 13 carte per ognuno dei quattro semi in aggiunta a due jolly (o “joker”). Mentre i jolly trovano impiego in un’ampia gamma di giochi, nelle partite di poker non è previsto un loro utilizzo, ragion per cui il mazzo viene ridotto a un massimo di 52 carte (verso la fine dell’articolo vedremo come questo numero non sempre sia fisso e possa subire delle variazioni). Normalmente le carte francesi vengono vendute nella loro composizione completa da 54 pezzi, ma in commercio è possibile reperire anche delle versioni specifiche che escludono la presenza delle due carte joker.
Le restanti 52 carte, come accennato qualche riga fa, sono suddivise in 13 carte per ognuno dei quattro diversi semi. Queste 13 carte si compongono di nove carte numerate (2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10), a cui si aggiungono il fante (o “jack”), la donna (o “queen”), il re (o “king”) e l’asso.
Andando ad analizzare più da vicino la principale variante del poker, il Texas Hold’em, divenuto particolarmente noto in Italia negli ultimi decenni grazie alla diffusione di film e trasmissioni di origine statunitense, notiamo che, seguendo il senso orario, all’inizio della mano ogni giocatore seduto al tavolo riceve due carte coperte, visibili soltanto a lui (a queste due si dà il nome di “carte personali” oppure dall’inglese “hole cards” o “pocket cards”), mentre sul tavolo viene scoperto un totale di cinque carte comuni, la cui distribuzione viene spalmata su tre turni diversi all’interno di una mano. Al momento del flop il mazziere, contraddistinto dal bottone “dealer”, scopre le prime tre di queste carte, mentre il turn e il river prevedono ciascuno la rivelazione di un’ulteriore carta al centro del tavolo. Prima di scoprire ognuna di queste carte o gruppi di carte (nel caso del flop), il mazziere brucia, ovverosia scarta una carta dal mazzo coperto.
Ciò significa che al termine di ogni mano ogni giocatore avrà a disposizione sette carte (due personali e cinque comuni anche ai propri avversari), tra le quali bisognerà individuare le cinque migliori carte con le quali si andrà a comporre il proprio punto. Da un punto di vista regolamentare si può scegliere di sfruttare entrambe le proprie carte personali e integrare la propria mano con tre delle cinque carte comuni oppure utilizzare soltanto una o addirittura nessuna delle proprie hole cards ripiegando rispettivamente su quattro o cinque carte del board. Appare piuttosto ovvio che solo in scenari circoscritti sarà possibile aggiudicarsi una mano nei casi in cui si faccia perlopiù affidamento sulle carte comuni, dal momento che esse sono a disposizione anche di tutti i propri avversari, i quali però potrebbero essere in grado di comporre una mano migliore della vostra se in possesso di pocket cards dal valore più alto di quelle di cui vi trovate in possesso.
La mano si conclude dunque con il cosiddetto “showdown”, che indica il momento in cui i giocatori scoprono le proprie carte al fine di determinare il vincitore. Esso chiaramente si rende necessario solo nel caso in cui siano rimasti in gioco almeno due giocatori, mentre laddove tutti i giocatori ad eccezione di uno foldino prima dell’ultimo giro di puntate, il giocatore “superstite” non è tenuto a mostrare la propria mano (il che lo tutela ad esempio in caso di bluff).
Quando si gioca in un casinò terrestre è buona norma tenere sempre sott’occhio le proprie carte personali, le quali andranno tenute al livello del tavolo ma, soprattutto, dovranno sempre essere protette di modo tale che il dealer eviti di confonderle con le carte da scartare, rimuovendole così dal tavolo e tagliandovi automaticamente fuori dai giochi per quel che concerne la mano in questione. Può essere dunque consigliato avvalersi di appositi mezzi quali un protettore di carte o più semplicemente di posare sulle hole cards un qualsiasi oggetto personale che indichi chiaramente il vostro controllo su di esse. È altresì importante tenerle sempre in bella vista così da non indurre qualcun altro a pensare che in quel momento siate fuori dalla mano. Sulla scorta di quanto appena detto, occorre anche tenere a mente che, a meno che non vogliate espressamente fare fold, dovrete tassativamente evitare di far finire inavvertitamente le vostre carte verso il centro del tavolo, il che si configurerebbe come un gesto volto ad abbandonare la mano, da cui non è più possibile tornare indietro.
Stante l’utilizzo di un solo mazzo composto da 52 carte, nel Texas Hold’em esistono ben 1326 possibili combinazioni di mani iniziali. Talvolta può capitare che i casinò abbiano due mazzi di carte a ogni tavolo, eventualmente col retro dal colore diverso l’uno dall’altro: tuttavia verrà sempre impiegato un solo mazzo alla volta, mentre l’altro sarà sottoposto a un’operazione di mescolamento durante lo svolgimento della mano in corso.
Ci siamo fin qui concentrati ampiamente sul Texas Hold’em, ma una menzione a parte la merita anche un’altra variante di poker molto amata dalle nostre parti: il poker all’italiana, più noto con il nome di Five Card Draw nel mondo anglosassone. Anche in questo caso è necessario dotarsi di un mazzo da 52 carte francesi (quindi sempre con l’esclusione dei jolly), a cui però, contrariamente a quanto avviene con la versione texana, va sottratto un certo quantitativo di carte a seconda del numero di partecipanti previsto.
Per effettuare questo calcolo è necessario avvalersi della regola dell’11, secondo la quale bisogna sottrarre per l’appunto al numero 11 il numero dei giocatori che prenderà parte all’incontro. Per fare un esempio concreto, se vogliamo organizzare una partita a sei giocatori, la carta più bassa che dovrà essere usata sarà il 5 (ovvero il risultato di 11-6), il che implica che dovremo rimuovere dal mazzo tutte le carte comprese tra il 2 e il 4 (mentre andranno ovviamente lasciati gli assi, che hanno il valore più alto in assoluto). Ad ogni modo questo genere di partite normalmente si svolge con quattro o cinque giocatori.
A prescindere dal numero dei partecipanti, ognuno di essi riceve all’inizio della mano cinque carte personali coperte, distribuite in senso orario, proprio come nel Texas Hold’em. Affinché si possa aprire la mano è necessario che almeno un giocatore sia in possesso di una coppia di jack (o un punto superiore) o di un progetto di scala reale bilaterale. Se nessuno dei presenti è in grado di soddisfare tale requisito, il dealer dispone il riavvio della mano, che a quel punto potrà essere aperta solo da un giocatore con una coppia di Q (o superiore) in mano. Qualora non sia possibile rispettare il requisito neppure in questo caso, l’iter andrà avanti con un inasprimento delle condizioni che esigeranno dapprima una coppia di K e in seguito una coppia d’assi, prima che il procedimento venga resettato e si ritorni al requisito della coppia di J (nell’ipotesi in cui persista una situazione in cui nessun giocatore sia in grado di aprire).
Nel corso della mano i giocatori hanno la possibilità di sostituire le proprie carte, in toto o in numero massimo di quattro (a seconda delle regole applicate). Ai fini della composizione del punto vengono prese in considerazione cinque carte, proprio come nel Texas Hold’em, dove però il giocatore può scegliere tra sette carte diverse (cinque delle quali sono comuni a tutti).
Per concludere vale la pena di notare che, a dispetto della grande somiglianza tra la gerarchia dei punti del Texas Hold’em e quella del poker all’italiana, nella variante nostrana il colore batte il full per una semplice ragione di carattere probabilistico: visto l’utilizzo del mazzo intero da 52 carte nella variante americana, in essa risulta più facile ottenere una mano con colore, il che lo rende un punto meno pregiato rispetto a quanto avviene nel poker a cinque carte.